Solidarietà a tutti gli antifascisti colpiti dalla repressione

L’Assemblea Nazionale del COBAS Sanità, Università e Ricerca
esprime solidarietà a tutti gli antifascisti colpiti dalla repressione.

Le piazze italiane in questi giorni si sono riempite di antifascisti che
protestavano contro la presenza di squadristi, di razzisti e di
xenofobi che continuano a seminare odio e paura fra la gente.
Questa campagna elettorale priva di contenuti continua ad essere
monopolizzata da un unico tema: come cacciare dal nostro paese i
migranti, indicati dalla destra razzista come responsabili di tutti i
mali del nostro paese e in particolare dell’impoverimento della
popolazione.
Il centro sinistra ha finito per inseguire la destra su questo terreno e
il terribile attentato di Macerata ha dimostrato come dalla pancia di
questo paese scaturiscano ancora mostruosi rigurgiti fascisti.
Non è un caso che Forza Nuova, Casapound, Lealtà e Azione al pari
della Lega abbiano trovato da parte dei media un’amplificazione ai
loro proclami d’odio senza precedenti.
Proclami che ben presto sono diventate aggressioni e vili attentati
come quello ha colpito e parzialmente devastato il Magazzino 47 di
Brescia, che i fascisti hanno tentato di bruciare ancora una volta,
dopo aver attaccato le Casette occupate di via Gatti e il campo Sinti
di via Orzinuovi. A tutti loro va la nostra solidarietà.
Quello che ci preoccupa maggiormente è questo clima di ostentata
sottovalutazione da parte delle istituzioni e dei benpensanti che
ritengono superata la categoria dell’antifascismo, da archivio.
Ci sono città come Milano , Brescia e Bologna che non potranno mai
dimenticare chi ha seminato il panico con le bombe nelle piazze, sui
treni, chi ha cercato di stroncare le lotte operaie con la violenza.
Ci preoccupa vedere questi rigurgiti anche nei luoghi di lavoro, con i
consensi di molti lavoratori che vanno spostandosi verso quei
sindacati corporativi tanto coccolati dalla destra istituzionale. Ci
ricorda tanto e troppo il ventennio dei fasci e delle corporazioni.
C’è bisogno di antifascismo e vogliamo dirlo chiaramente: come
lavoratori siamo solidali con i manifestanti manganellati nelle piazze
per impedire ai fascisti di seminare altro odio.
Ora e sempre resistenza!
24 febbraio 2018 COBAS Sanità, Università e Ricerca

L' 8 Marzo la marea femminista torna nelle strade: noi scioperiamo

IL MOVIMENTO “NON UNA DI MENO” HA RICHIESTO A TUTTI I SINDACATI DI PROCLAMARE PER L’8 MARZO UNA GIORNATA DI SCIOPERO. IL COBAS SANITÀ NAZIONALE , ADERISCE A QUESTA RICHIESTA E DECIDE PERTANTO L’INDIZIONE E LA PARTECIPAZIONE ALLO SCIOPERO DELL’8 MARZO, prendendo parte a un processo che combatte la violenza maschile e di genere come condizione fondamentale della precarizzazione del lavoro e non solo, in una battaglia di trasformazione radicale di questa società.
CON NUDM vogliamo e dobbiamo sovvertire le gerarchie sessuali, le norme di genere, i ruoli sociali imposti, i rapporti di potere che generano molestie e violenze. Rivendicare il diritto alla sanità pubblica, universale, gratuita, un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile. Autonomia e libertà di scelta sui nostri corpi e sulle nostre vite, per essere liber@ di muoverci e di restare contro la violenza del razzismo istituzionale e dei confini.
PER UNO SCIOPERO FEMMINISTA CHE COINVOLGERÀ IL LAVORO
PRODUTTIVO E RIPRODUTTIVO, CHE ANDRÀ OLTRE IL CORPORATIVISMO
DELLE CATEGORIE E I CONFINI NAZIONALI, CHE UNIRÀ LE MOLTEPLICI
FIGURE DEL MONDO DEL LAVORO E DEL NON LAVORO.
Dichiarazione sciopero COBAS Sanità lavoro Pubblico
Dichiarazione sciopero COBAS Sanità lavoro Privao
 

Perchè siamo usciti dalla Confederazione COBAS

L’Assemblea Nazionale della Federazione COBAS Sanità, Università e Ricerca, svoltasi a Firenze in data 28 ottobre 2017, preso atto dell’impossibilità concreta di ristabilire corrette relazioni fra le Federazioni all’interno Confederazione COBAS, ha deciso di applicare il diritto al recesso dalla Confederazione COBAS, conservando le originarie forme statutarie dell’Associazione sindacale COBAS Sanità, Università e Ricerca, così come stabilite all’atto della sua costituzione. L’Assemblea ha dato mandato all’Esecutivo
Nazionale di attuare le procedure necessarie, nei modi e nei tempi più
adeguati, per attuare il recesso. Le motivazioni che stanno alla base di
q uesta scelta dolorosa e lacerante della Federazione sono contenute nel
.documento approvato dall’Assemblea Nazionale che alleghiamo
Non ce se ne siamo andati perché abbiamo intenzione di proseguire il
nostro percorso in un altro sindacato: siamo e resteremo COBAS,
anche fuori dalla Confederazione, con lo stesso spirito di quando
l’abbiamo fondato. Non escludiamo neanche che in condizioni diverse
questa scelta possa rientrare. Continueremo a dialogare, quando sarà
possibile, con i compagni delle sedi territoriali della Confederazione
COBAS che lo vorranno, sempre che siano fatte salve le condizioni di
reciproco rispetto. Ma lo faremo da soggetto indipendente, non da
sudditi, senza più la necessità/obbligo di subire aggressioni gratuite,
perché continuiamo a pensare che nessuno abbia il diritto di dire l’état
c’est moi e continuiamo a vivere, come scrivemmo a Genova nel 2001
.sullo striscione di testa del nostro spezzone, per calpestare i re
FEDERAZIONE COBAS Sanità, Università e Ricerca
Novembre 2017 12

Giù le mani dalla Federazione COBAS Sanità, Università e Ricerca

Il documento che segue è un documento di risposta della Federazione Sanità, Università e Ricerca al violento attacco dell’EN di Confederazione COBAS che vorrebbe letteralmente oscurare l’attività di questa Federazione, dichiarando di considerarla non più appartenente alla Confederazione
Abbiamo infatti avuto modo di leggere un verbale dell’EN del COBAS Scuola inviato all’EN di Confederazione, dove viene attaccata violentemente la Federazione COBAS Sanità, Università e Ricerca, spingendosi fino a sostenere che quest’ultima non ha più titolo per rimanere all’interno della Confederazione COBAS. Nel documento si parla anche di una votazione avvenuta all’interno dell’EN per “oscurare” il sito Cobas della sanità, con 18 favorevoli, 1 contrario e 10 astenuti.
Non è facile trovare lo spirito giusto per rispondere a chi ci tira le sassate, scegliendo di farlo con argomentazioni politiche, ma ci vogliamo provare, perché non siamo affatto disponibili a farci tappare la bocca da chi la pensa diversamente da noi.
Alcuni passaggi sono datati ma crediamo che vadano necessariamente ricordati.
Nel 1994 ci siamo costituiti come Federazione COBAS Sanità, Università e Ricerca e nel 1995 siamo entrati a far parte del Coordinamento Nazionale COBAS.
Nel 1999 abbiamo partecipato insieme ai COBAS Scuola alla costituzione della Confederazione COBAS, che comprendeva per l’appunto quattro Federazioni di COBAS già costituiti: Scuola, Privato, Pubblico Impiego e Sanità, Università e Ricerca.
La creazione della Confederazione rappresentava in quella fase un percorso importante all’interno del sindacalismo di base perché andava nella direzione di dare vita ad un soggetto unitario in grado di articolare una risposta più forte alla ristrutturazione selvaggia del mondo del lavoro e ai processi di globalizzazione.
Processi ai quali ci siamo opposti partecipando attivamente al movimento contro la globalizzazione a partire da Genova 2001, anno in cui tutta la nostra struttura ha partecipato ad organizzare il supporto sanitario al Genova Social Forum ed ha avviato la costruzione di reti di salute a livello europeo e mondiale.
Un percorso che ci ha visti in prima fila non solo nel tentativo di costruire esperienze di autorganizzazione nei posti di lavoro e sul territorio, in continuità con lotte degli anni 70, ma anche di nel dare vita a nuovi COBAS nella sanità pubblica e privata e nel settore dell’Assistenza, in realtà in cui avevano fino ad allora avevano sempre spadroneggiato Cgil-Cisl-Uil. Una esperienza, vogliamo ricordarlo a chi lo ha dimenticato, a cui abbiamo dato tantissime energie, mettendoci cuore, fegato, ma anche le nostre esistenze, rinunciando alla nostra carriera professionale, prendendoci denunce e spesso rischiando anche il posto di lavoro.
Eravamo partiti da una esperienza di difesa dei diritti dei lavoratori della sanità pubblica e ben presto ci siamo trovati a doverci misurare anche con lo sfruttamento esistente nelle strutture private della cura e dell’assistenza.
La nostra Federazione in quegli anni è cresciuta in sincronia con l’andamento espansivo dell’intero sindacalismo di base, anche se, al nostro interno, alcune contraddizioni si facevano sempre più evidenti, in modo particolare con alcuni COBAS scarsamente interessati alla natura anche politica e sociale del nostro intervento. In particolare oggetto di scontro era diventato il nostro lavoro sulla costruzione delle reti di salute e la nostra partecipazione ai Forum Sociali.
A rileggere i documenti di quegli anni, e le posizioni che gelosamente abbiamo conservato, si può intuire come si fosse davanti a scelte sindacali incompatibili: una, in continuità con le lotte degli ospedalieri degli anni ‘70, che aveva come obiettivo quello di sostenere la difesa del Servizio Sanitario Nazionale e il diritto alla salute per tutti; ed un’altra che si limitava alla rivendicazione di diritti contrattuali con connotati spesso corporativi e con una concezione da sindacatino autonomo.
Che fossero due visioni incompatibili lo si è capito quando si è posto il problema della gestione e dell’utilizzo delle risorse della Federazione: chi non era interessato a quella visione politico-sociale-culturale, sosteneva apertamente che i soldi potevano essere utilizzati solo per “far crescere le strutture COBAS del sud, per fare iscritti e non per finanziare il turismo politico di qualche “rappresentante COBAS privilegiato”.
Da lì in avanti, il passo per quella che è diventata una vera e propria rottura è stato breve. I toni sono saliti con epiteti indigeribili: chi non si era dichiarato disponibile a rinunciare all’impegno politico nelle reti di salute, che come Federazione abbiamo mantenuto fino al 2005, è stato accusato di essere un ladro, un mafioso e perché no? anche un fascista.
Lavorare insieme in quelle condizioni era diventato impossibile tanto più che i nostri compagni di Napoli ci avevano segnalato comportamenti fortemente scorretti nei confronti della nostra Federazione: come la costituzione di un nuovo sindacato (COS) in cui i COBAS “dissidenti” avevano deciso di far transitare (come poi hanno effettivamente fatto) i loro iscritti.
In questa situazione abbiamo preso una decisione difficile, ma necessaria per evitare di far saltare per aria l’intera Federazione: abbiamo attivato la procedura per l’espulsione del COBAS Ospedale Cardarelli di Napoli (60 iscritti), quello del COBAS Ospedale Cannizzaro di Catania (30 iscritti) e uno ancora più minuscolo dell’Istituto Zooprofilattico di Sassari (15 iscritti), nella sostanza quelli che da tempo avevano creato prima il sindacato COS e poi un sindacato denominato “COBAS Sanità Nazionale”.
Lo statuto del nuovo sindacato era palesemente “copiato” da quello della nostra Federazione ma quello che ci preoccupava di più era il fatto che erano emersi problemi seri con la gestione dei loro conti correnti perché non garantivano alcuna trasparenza. È stato questo il motivo che ci ha spinto a comunicare alle amministrazioni del Cardarelli, del Cannizzaro e dell’Istituto Zooprofilattico la chiusura dei conti correnti anche perché gli stessi erano intestati alla Federazione COBAS Sanità, Università e Ricerca, dalla quale le tre strutture avevano trasmigrato. Una motivazione decisamente diversa, dunque, da quella inventata ad arte per raccontare che con quella comunicazione la Federazione voleva “abbandonare i lavoratori e metterli a rischio di ritorsioni”.
Inoltre, attivare la procedura non significava di fatto espellere queste strutture come d’altronde previsto nel nostro statuto: i COBAS in questione erano stati convocati in Assemblea Nazionale per esplicitare le loro ragioni e, solo dopo, l’Assemblea avrebbe deciso o meno sull’espulsione. Era intenzione da parte nostra fare in modo che emergessero in quella sede, se ce ne fossero state le condizioni, posizioni contrastanti, anche all’interno di quei COBAS, con quelle dei signori che muovevano il pacchetto delle tessere.
Lo abbiamo fatto non solo con comunicazioni ufficiali, ma andando a parlare con i lavoratori che in un primo tempo avevano dichiarato di voler rimanere COBAS, anche se i loro referenti di un tempo sarebbero stati espulsi. A questi lavoratori avevamo lasciato le porte aperte, e chi sostiene il contrario, lo fa solo per giustificare quelle che sono state le sue scelte successive. A questi lavoratori noi avevamo chiesto di prendere atto che la convivenza nel COBAS era possibile solo a condizione di rinunciare ad atteggiamenti aggressivi, alla calunnia e all’offesa come mezzo di relazione, ma anche di cancellare situazioni di gestione di cassa totalmente fuori controllo o addirittura che ne avevano permesso la sparizione.
Dopo un dibattito lunghissimo anche con posizioni diverse, che ha visto alcuni compagni contrari ad effettuare, in quelle condizioni, un ulteriore tentativo di ricostruire il COBAS Cardarelli, non siamo riusciti ad evitare la scelta traumatica che è stata poi sancita dall’Assemblea Nazionale, che rappresenta il nostro organo sovrano, visto che nessun passo indietro era stato fatto da chi ci aveva aggredito per anni, paralizzando la vita della Federazione.
La Confederazione era a conoscenza di quello che stava accadendo, soprattutto in quel di Napoli, ma niente ha fatto per sostenere gli sforzi della nostra Federazione, con una storia ventennale alle spalle, dando invece credito a soggetti ambigui che solo qualche tempo dopo hanno traslocato armi e bagagli nella FIALS.
A questo punto, nonostante fossimo una Federazione con parità di diritti delle altre, l’Esecutivo della Confederazione, ovviamente senza interpellarci, ha fatto una scelta precisa: ha decretato che i COBAS espulsi dalla Federazione Sanità, Università e Ricerca potevano rientrare all’interno della Federazione Pubblico Impiego.
Una decisione grave che apriva la strada ad una situazione pressoché impossibile da gestire senza lacerazioni, perché consentiva, e non solo ipoteticamente, come poi la realtà ha dimostrato, di mettere in concorrenza nel medesimo posto di lavoro due COBAS appartenenti a Federazioni diverse. Alle difficoltà che quotidianamente i COBAS incontrano nei posti di lavoro grazie all’azione di Cgil-Cisl-Uil, dell’esercito di sindacatini autonomi, ma anche di quelli del sindacalismo di base (certo non meno aggressivo di quello istituzionale), l’Esecutivo di Confederazione (attenzione non l’Assemblea) ha considerato lecito aggiungerne un’altra ancora più pesante: consentire che i lavoratori e addirittura le controparti non capissero più con chi avevano a che fare.
È successo così all’Ospedale Careggi e, più di recente, anche in una RSA milanese dove si è scelto di accreditare un COBAS Pubblico Impiego con due iscritti che dovrebbe andare a contrastare quello della nostra Federazione, esistente da oltre 10 anni.
Una decisione però quest’ultima che aveva senso solo se sostenuta da un’altra scelta ancora più grave: quella di far sparire, dandola per estinta, una delle due Federazioni concorrenti, ossia la nostra, come oggi gli Esecutivi Nazionali della scuola e del pubblico impiego dichiarano di voler fare.
Per dimostrarci di avere sbagliato ad attivare l’espulsione dei tre COBAS nel 2010, oggi si pretende di cancellare, senza il rispetto di alcuna regola statutaria, l’intera Federazione, con oltre 800 iscritti, per far posto ad una considerata più compatibile. Ancora una volta nella totale indifferenza delle regole, su decisione del solo Esecutivo, che si limita a dire che la nostra Federazione se n’è andata da circa 10 anni. Uno strano addio quello del Cobas Sanità, Università e Ricerca, che continua a pagare la quota delle trattenute stabilita per la Confederazione e anche la quota di quel sito che oggi si vuole oscurare, e che ha finanziato tutti i progetti internazionali sostenuti dalla Confederazione (Ospedale in Kurdistan, Palestina). Pecunia non olet e i nostri soldi sono stati ben accetti, non li abbiamo mai visti tornare al mittente.
Meno gradite sono state invece le nostre prese di posizione in questi anni, ultima in ordine di tempo, quella relativa all’Accordo sulla rappresentanza, che continuiamo a ritenere un inutile tributo al tatticismo della rappresentanza formale da parte della Confederazione.
Ci sembra opportuno evidenziare che siamo venuti a conoscenza della firma di questo Accordo, non per quella che avrebbe dovuto essere una corretta e preventiva consultazione della Federazione da parte della Confederazione, ma solo quando i nostri competitor del sindacalismo di base hanno cominciato a insultarci. Continuano a farlo in verità, costantemente, utilizzando strumentalmente la firma di quell’Accordo per stendere intorno a noi un cordone sanitario, ma questo non sembra interessare a chi ha dato il placet alla firma, consultando l’Assemblea nazionale, solo dopo un anno e blindando quella decisione. In quella occasione avevamo inviato un documento di analisi come Federazione, che come la maggior parte di quelli prodotti da noi in questi anni non hanno ottenuto nessuna risposta. Prima o poi sarà però utile sapere a quanti lavoratori è servito quell’Accordo, visto che una parte di quelli che si erano battuti per la sua firma, oggi non si presentano neanche alle elezioni RSU.
La firma dell’Accordo sulla Rappresentanza rimanda però al nocciolo di quello che è stato il vero scontro con la Confederazione: ossia quello del sistema di regole con cui si assumono le decisioni al suo interno.
Nell’Esecutivo della Confederazione, per statuto, il 50% dei membri è della Federazione scuola ed il restante 50% delle altre tre Federazioni.
Un tributo nato sulla base della maggiore rappresentatività della scuola, ma allo stesso tempo un sistema che con il tempo ha consentito alla scuola un dominio decisionale pressoché incontrastato, visto che una scelta decisa dall’EN scuola ha sempre determinato una scelta pressoché analoga nella decisione della Confederazione.
Questo accadeva quando si discuteva di alleanze esterne alla Confederazione, soprattutto quando venne adottato il cosiddetto sistema delle “alleanze a geometria variabile”, per cui oggi eri un alleato della CUB e domani il suo acerrimo nemico, poi diventavi sodale della FIOM e subito dopo organizzavi le manifestazioni e i treni con il campo antimperialista, con cui il giorno dopo facevi a botte in piazza.
Ma quello che diventava sempre più inaccettabile, perlomeno a noi della Federazione, era che esistesse nella Confederazione qualcuno col potere di decidere di volta in volta queste geometrie, che nei posti di lavoro sono spesso suonate incomprensibili.
Una incomprensione diventata palese quando si è iniziato a discutere della necessità di organizzare Reti sociali in cui il COBAS avrebbe dovuto relazionarsi con i movimenti. Giudicato come strumentale e deviante il laboratorio delle reti sociali proposto dai padovani, non è stato possibile in ogni caso il confronto al nostro interno per comprendere e per rispondere alla domanda: siamo in grado di costruire/partecipare ad altre reti in cui intercettare concretamente i precari, i senza reddito, la rete dei beni comuni?
Domande inutili, risposte ritenute superflue e manifestazioni di aperta ostilità come nel caso della lotta per l’assunzione dei lavoratori esternalizzati all’Ospedale S. Andrea durata dal 2005 al 2010 che grazie al COBAS Sanità è diventata una delle lotte più significative di questo decennio, nel disinteresse palese della Confederazione. Era una lotta che non portava tessere nuove e quindi come ci è stato dichiarato rappresentava solo una perdita di tempo.
Disinteresse che la Confederazione ha ostentato di recente anche con la mancata solidarietà e l’assenza di partecipazione alle mobilitazioni contro la sospensione disciplinare di quattro mesi mesi dal lavoro e dallo stipendio per 2 rappresentanti COBAS dello Spallanzani (una delegata RSU e un membro dell’EN nazionale della nostra Federazione) rei di avere “diffamato” l’Amministrazione perché criticavano la qualità dell’assistenza erogata. Ha fatto eccezione un comunicato scritto dalla Federazione del Lavoro Privato, poi accettato passivamente dalla Confederazione facendo sua la richiesta della Federazione Cobas PI di eliminare … “Cobas Sanità, Università e Ricerca” … per lasciare solo “Sanità”.
Fino ad arrivare alle recenti mail inviate da Bernocchi all’EN di Confederazione per la preparazione dello sciopero del 10/11 e delle manifestazioni in cui si citano SOLO 3 federazioni.
Non avevamo dato vita, per quel che ci riguardava, ad una organizzazione di capi che decideva al di sopra delle regole, ma a un luogo di confronto paritario dove le decisioni importanti dovevano essere oggetto di confronto.
Quando come Federazione abbiamo preso atto della decisione da parte della Confederazione di consentire agli espulsi il rientro nel Pubblico Impiego – decisione che, per quanto ci consta, non è stata ufficialmente neanche verbalizzata – abbiamo tentato a più riprese di chiedere che la stessa venisse rivista. Il risultato è stato il silenzio più assoluto, visto che la Confederazione non ha mai risposto alle nostre richieste.

A quel punto, per evidenziare che ci sentivamo discriminati dall’operato della Confederazione, abbiamo scelto di non nominare più nostri rappresentanti nell’Esecutivo Confederale. Una decisione anche questa sofferta, sancita da un’ Assemblea Nazionale della nostra Federazione con un voto a maggioranza, con alcuni COBAS che erano contrari. Lo abbiamo fatto, come nostro stile, non in silenzio ma mandando un documento politico alla Confederazione per chiarire le nostre scelte.
Con quel gesto la nostra Federazione non ha scelto di uscire dalla Confederazione, ma di evidenziare il vulnus di democrazia che si era determinato al suo interno. Vulnus che ha trovato conferma oggi, proprio nella modalità con cui l’ esecutivo nazionale, su suggerimento della scuola vorrebbe procedere alla nostra cancellazione.
Abbiamo tentato più volte di prendere contatto con la Federazione Pubblico Impiego – Sanità per capire se su tematiche comuni potevamo collaborare. Lo abbiamo fatto invitandoli espressamente alle nostre Assemblee nazionali e ai Seminari organizzati su aree tematiche dalla nostra Federazione, purtroppo senza mai avere risposte.
Lo abbiamo rifatto anche quando un compagno, a titolo personale, ci ha consegnato una lettera di riflessione indirizzata alle due Federazioni. Questa lettera è stata poi inviata dallo stesso compagno alla Confederazione. Pur comprendendo che quella lettera non era frutto di una scelta della Federazione a cui lui apparteneva, abbiamo scritto che eravamo d’accordo, a scanso di equivoci lo ripetiamo: D’ACCORDO, finanche a realizzare un’ Assemblea per programmare un percorso comune di lotte.
Non riusciamo a capacitarci della lettura distorta che si è fatta nella Confederazione della nostra risposta, comprensibile solo alla luce delle scelte aggressive annunciate. Per quanto ci riguarda, una scelta che ha lacerato e lacera tuttora le due Federazioni non si ricompone fra due esecutivi, ma
attraverso un chiarimento fra lavoratori della sanità, che noi abbiamo sempre auspicato e continuiamo ad auspicare. Questa è forse una chiusura
Chiusure sono altre. Chiusura è il ricorso a dati fasulli (ci riferiamo sempre al documento dell’EN scuola) solo per giustificare che quelli che si stanno cancellando sono numeri di poco conto, dimostrando di ignorare che tipo di trasformazione e scomposizione c’è stata nelle strutture sanitarie pubbliche al punto da non sapere dove andare a ricercare i numeri della rappresentanza
Chiusura è non essersi mai peritati di sapere quanti lavoratori della sanità privata sono organizzati dalla sede di Milano, prima di parlarne con dileggio e senza nessun rispetto. Chiusura è pensare, dopo aver creato due Federazioni concorrenti, di dare vita ad una sede, anche questa in contrapposizione a quella esistente della Federazione Sanità, nella città di Milano con un
nucleo di funzionari distaccati, rischiando solo di coprirsi di ridicolo.
La sede di Milano, nonostante le tensioni, ha sempre funzionato come sede della Confederazione nel senso che vi hanno lavorato più federazioni: oltre alla sanità, è presente il lavoro privato (poste, lavoratori aereoportuali, cooperative pulizie, igiene ambientale, settore alberghiero, commercio) e fino a qualche mese fa anche la scuola.
Cosa che l’Esecutivo Confederale sa bene visto che la nostra sede è stata utilizzata di recente anche da Mimmo Teramo per una riunione delle Telecomunicazioni.
La Federazione COBAS Sanità, Università e Ricerca non si rassegna a questa aggressione.
Crediamo ancora nel progetto COBAS e non siamo disposti a lasciare per strada i lavoratori che da decenni organizziamo. Crediamo che i compagni che non si riconoscono in questa manovra, debbano dimostrarlo con chiarezza e con prese di posizioni pubbliche evidenti.